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Santi del 10 Novembre

Il mio Santo > I Santi di Novembre

*Beato Acisclo Pina Piazuelo - Martire (10 novembre)

Schede dei gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Fatebenefratelli"
- Senza Data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)

Martirologio Romano:
A Barcellona in Spagna, Beato Acisclo Pina Piazuelo, religioso dell’Ordine di San Giovanni di Dio e martire, che, durante la persecuzione, fu ucciso in odio alla religione.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Acisclo Pina Piazuelo, pregate per noi.

*Sant'Adelelmo (o Adelino) di Seez - Vescovo  (10 novembre)

Etimologia: Adelelmo = alterato di Adelmo - nobile protettore, dall'antico tedesco
Emblema: Bastone pastorale Monaco e abate benedettino di St. Calais, poi vescovo di Séez (ca. 884-910), soffrì col suo gregge per le irruzioni dei Normanni, che, nello stesso anno della sua consacrazione, lo catturarono, vendendolo come schiavo in Inghilterra.
Attribuì il suo ritorno in patria all'intercessione dei Santi Carilef e Opportuna, e di quest'ultima scrisse una biografia.
É autore, inoltre, d'un Benedictionalee (ora alla Biblioteca Nazionale di Parigi).
Ricordato come santo negli antichi martirologi di Séez, fu festeggiato, fino al 1873, il 13 novembre, ma l'antichità del culto non si è potuta accertare.
Memoria il 21 agosto in Guérin, la prima domenica di settembre fino al 1914, il 10 novembre nell'Ordine benedettino.
(Autore: Alfonso M. Zimmermann – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Adelelmo di Seez, pregate per noi.

*Sant'Andrea Avellino - Sacerdote (10 novembre)

Castronuovo, Potenza, 1521 - Napoli, 10 novembre 1608
Nacque a Castronuovo (Pz) nel 1521 e fu chiamato Lancellotto. Ordinato sacerdote nel 1545, nell'ottobre 1547 si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di diritto di quella Università.
Ebbe come direttore spirituale il teatino, futuro Beato, padre Giovanni Marinonio.
Nel 1556 vestì l'abito dei Teatini di San Paolo Maggiore di Napoli, cambiando il suo nome di battesimo con quello dell'Apostolo della croce.
Dal 1560 al 1570 fu maestro dei novizi della casa di San Paolo Maggiore.
Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569 vi istituì il primo studio teologico dell'Ordine, che volle informato dal pensiero di San Tommaso.
Tra il 1570 e il 1582 operò tra Milano e Piacenza presso le case dei Teatini nei due centri.
Andrea fu poi a Napoli dove si fece conoscere per la sua saggezza e il suo ruolo di mediatore nei conflitti che dividevano la città. Morì nel 1608. (Avvenire)
Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco
Martirologio Romano: A Napoli, Sant’Andrea Avellino, sacerdote della Congregazione dei Chierici regolari, che, insigne per la sua santità di vita e la sollecitudine per la salvezza del prossimo, si impegnò in un arduo voto di perfezionamento quotidiano nelle virtù e, ricco di meriti, morì santamente ai piedi dell’altare.
Nacque da Giovanni Avellino e da Margherita Apelli, e fu chiamato Lancellotto. Avviato agli studi da uno zio arciprete, li compì nella vicina Senise, esercitandosi fin d'allora nell'apostolato catechistico fra i giovani del luogo. Ordinato sacerdote nel 1545, nell'ottobre 1547 si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di diritto di quella Università, dove si laureò in utroque iure.
Avendo nel 1548 praticato gli esercizi spirituali sotto la direzione del gesuita p. Laínez, si diede a una vita di più intensa spiritualità, nella quale fu saggiamente diretto dal teatino, futuro Beato p. Giovanni Marinonio (1490- 1562).
Avvocato ecclesiastico presso quella curia arcivescovile, abbandonò il foro in seguito a una menzogna sfuggitagli durante una arringa, fatto questo che lo amareggiò profondamente.
Nel 1551 gli fu affidata da mons. Scipione Rebiba, vicario generale di Napoli, la riforma del tristemente noto monastero femminile di Sant'Arcangelo di Baiano: egli intraprese tale missione
con zelo e fermezza, imponendovi severa clausura e tenendovi il quaresimale e le omelie negli anni 1553 e 1554. Essendo, però, mal sopportata la sua opera riformatrice da chi aveva loschi interessi nel monastero, fu ripetutamente aggredito e, nel 1556, gravemente ferito da un sicario.
Guarito quasi miracolosamente, chiese e ottenne, nel novembre di quello stesso anno, di vestire l'abito tra i Teatini di San Paolo Maggiore di Napoli, cambiando allora il suo nome di battesimo con quello dell'Apostolo della croce. Maestro di noviziato fu lo stesso p. Marinonio e suo compagno il futuro cardinale e beato Paolo Burali d'Arezzo. Professò solennemente il 25 gennaio 1558, aggiungendo in seguito ai tre voti della vita religiosa altri due, cioè, di contrariare sempre la propria volontà e di progredire incessantemente, nella misura delle proprie forze, verso la perfezione. Nel 1559 fece un pio pellegrinaggio a Roma, dove fu ricevuto da Paolo IV, fondatore, insieme con San Gaetano Thiene, dei Chierici Regolari (1524). Nel 1560 fu nominato rnaestro dei novizi della casa di San Paolo Maggiore, carica che tenne per dieci anni. Furono suoi discepoli spirituali alcuni dei più illustri Teatini del suo tempo, fra i quali va ricordato il ven. Lorenzo Scupoli, autore del trattato Il combattimento spirituale. Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569 vi istituì il primo studio teologico dell'Ordine, che volle informato alle dottrine dell'Aquinate.
Nel 1570 fu eletto vicario della casa che i Teatini avevano aperto a Milano, presso San Calimero, dietro invito di San Carlo Borromeo, il quale, come ricorda il Martirologio di p. P. Bosco (3 febbraio), accolse amorevolmente Andrea, uscendogli incontro fuori Porta Romana. In breve egli divenne il direttore spirituale preferito dalla migliore nobiltà milanese nel nuovo assetto dato dal Borromeo alla Chiesa ambrosiana, secondo lo spirito del Concilio Tridentino. Nel maggio 1571 fu trasferito a Piacenza come preposto della nuova casa che in San Vincenzo aveva fondato in quello stesso mese il vescovo Paolo Burali d'Arezzo.
Essendosi incontrato a Genova con la mistica agostiniana suor Battistina Vernazza, figlia di Ettore, l'ispiratore degli Ospedali degli Incurabili, e avendole esposto il desiderio di ritirarsi dall'attività apostolica, ne fu da lei dissuaso. Nell'aprile di quello stesso anno A. fu eletto preposto di Sant'Antonio di Milano e nel 1581 ancora di San Vincenzo di Piacenza.
Nel maggio 1582, dopo dieci anni di apostolato nella Lombardia, egli ritornò a Napoli, dove visse fino alla morte. Qui riprese la sua instancabile attività predicando, scrivendo e guidando quanti fiduciosi a lui si rivolgevano.
Eletto nel 1584 e riconfermato nell'anno successivo, Andrea fu preposto contemporaneamente delle due case che l'Ordine aveva allora in Napoli, quella di San Paolo Maggiore e quella dei SS.
Apostoli. Nei tumulti avvenuti nel magg. 1585, in cui fu trucidato G. V. Starace, «eletto della plebe», ritenuto responsabile della carestia che affliggeva allora la città, Andrea fece opera di pacificazione e mise anche a disposizione dei più bisognosi le risorse della sua famiglia religiosa. Essendo stato nel 1593 assassinato suo nipote Francesco, Andrea non solo perdonò l'uccisore, ma volle che altrettanto facessero i suoi familiari.
Dotto nelle scienze ecclesiastiche, ricco di doni straordinari e di celesti carismi, quali la profezia e i miracoli, che gli conciliarono l'ammirazione e la devozione di nobili e di plebei, Andrea scrisse circa tremila lettere spirituali, e numerosi trattati e opuscoli di ascetica, di esegesi biblica e di argomenti vari. Il 10 novembre 1608, mentre nella chiesa di San Paolo Maggiore si accingeva a celebrare la Messa, Andrea cadde colpito da un attacco di apoplessia ai piedi dell'altare; moriva, rasserenato da una celeste visione, la sera dello stesso giorno.
Iniziatisi i processi informativi nel dic. del 1614, fu beatificato da Urbano VIII il 14 ottobre 1624 e canonizzato da Clemente XI il 22 magg. 1712. Il suo corpo si venera nella chiesa di San Paolo Maggiore. La festa di Andrea, invocato quale celeste protettore contro la morte improvvisa, si celebra il 10 novembre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Andrea Avellino, pregate per noi.

*San Baudolino di Alessandria - Eremita (10 novembre)
Foro (Villa del Foro) Alessandria, 700 ca. - † 740 ca.

Baudolino, eremita e patrono di Alessandria, è vissuto al tempo di Liutprando, re dei Longobardi dal 712 al 744.
Tra i tanti che si rivolsero a lui per una guarigione si narra ci fosse lo stesso sovrano, rimasto gravemente ferito dopo un incidente di caccia. Abitava sulla riva destra del Tanaro, figlio di famiglia ricca e nobile.
Stanco di quella vita, donò tutto ai poveri e iniziò a vivere in una misera capanna vicino al fiume. Morì presso Forum Fulvii presso il quale si trova il suo eremo. Per la festa si svolge in città
un'importante fiera. A lui si è ispirato l'alessandrino Umberto Eco per dare il nome al protagonista del suo ultimo romanzo. (Avvenire)
Patronato: Alessandria
Martirologio Romano: Nel villaggio di Villa del Foro in Piemonte, San Baudolino, eremita.
Patrono di Alessandria; visse al tempo del re Longobardo Liutprando (712-744) e la più antica testimonianza che parla di lui ci è data dallo storico Paolo Diacono monaco benedettino longobardo (720-799 ca.), praticamente contemporaneo del santo.
Baudolino (Baudilio) è chiamato dallo storico “uomo di mirabile santità”, era un eremita dotato del dono dei miracoli e delle profezie e vissuto a Foro (l’attuale Villa del Foro, località sulla sponda del Tanaro, nei pressi di Alessandria).
Paolo Diacono, nella sua “Historia Langobardorum” riporta fra l’altro un episodio quale testimonianza dei doni soprannaturali cui era dotato; durante una battuta di caccia, un conte nel cercare di colpire con l’arco un cervo, fallì il colpo colpendo invece Anfuso, nipote del re Liutprando; la ferita era grave e il re inviò un messaggero da Baudolino, affinché impetrasse dal Signore la guarigione del giovane nipote.
Nel frattempo Anfuso morì e quando il messo raggiunse Baudolino nel suo eremo, questi prima che parlasse, gli disse di sapere tutto quello che voleva chiedergli, ma era rammaricato perché non poteva far nulla, in quanto il giovane era già morto.
Il Santo eremita morì verso il 740 e sepolto a Villa del Foro; quando nel 1168 fu fondata Alessandria, gli abitanti di Villa del Foro vi si trasferirono portando anche le reliquie del santo, divenuto loro patrono.
Il suo patrocinio continuò, secondo la tradizione, quando nel 1174 apparve sui bastioni di difesa della città, mettendo in fuga gli assedianti ghibellini.
Nel 1189 fu costruita una chiesa in suo onore, che fu affidata agli Umiliati ed alla soppressione di questi, passò ai Domenicani nel 1571; questi monaci volendo aumentare la popolarità già grande di San Baudolino, elaborarono le scarse notizie su di lui, cosicché progressivamente si formò la
leggenda della sua vita in cui sono frammisti dati reali o verosimili, con altri decisamente fantastici e assurdi.
Gli Umiliati, il cui Movimento sorse fra il 1170 e il 1178 a Milano, costituivano una società religiosa di artigiani della lana, votati alla povertà evangelica, al lavoro, continenza, penitenza e predicazione; dopo varie vicende e scissioni, furono una parte di essi approvati come Ordine religioso maschile e femminile; il ramo maschile fu soppresso nel 1571 mentre il ramo femminile durò fino alla fine del secolo XVIII; essi vollero annoverarlo tra i santi del loro Ordine (ma i periodi, come già detto, erano diversi).
Inoltre si disse che i vescovi di Tortona e di Acqui, visto la grande popolarità goduta dal Santo eremita, lo considerarono un vescovo, non mancò chi lo definì vescovo di Alessandria, per questo è raffigurato anche in abiti vescovili.
Nel 1803 quando la chiesa dei Domenicani fu chiusa, le reliquie del Santo furono portate nella chiesa di Sant'Alessandro e poi nel 1810 trasferite nella cattedrale e deposte in una cappella a lui dedicata.
Esiste la devozione e il voto dell’offerta della cera da parte della città in suo onore a partire dal 1189, voto rinnovato nel 1599 e ratificato dal Sinodo diocesano del 1602. La leggenda racconta che oche, cervi ed altri animali si sarebbero radunati attorno a lui per ascoltarlo nel suo eremitaggio, perciò a volte è raffigurato circondato da questi animali.
Nel 1786 s. Baudolino fu proclamato patrono principale della città e della diocesi di Alessandria; la sua festa è celebrata il 10 novembre.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Baudolino di Alessandria, pregate per noi.

*Beata Biagia della Croce (Juana Pérez de Labeaga García) - Vergine e Martire (10 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beate Martiri Spagnole Suore Ancelle Adoratrici del Santissimo Sacramento e della Carità” - (10 novembre)
“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007” - (6 novembre)
“Martiri della Guerra di Spagna” - Senza Data (Celebrazioni singole)

Desojo, Spagna, 27 gennaio 1864 - Madrid, Spagna, 10 novembre 1936
Beatificata il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Biagia della Croce, pregate per noi.

*San Costantino (Costanzo) Cachai - Martire  (10 novembre)

+ Babilonia, 10 novembre 853
Le gesta di questo martire sono narrate in una passio tardiva artificiosamente costruita su pochi dati storici.
Secondo questa, Costantino era un potente principe nella Georgia settentrionale, famoso per nobiltà, ricchezza e ogni genere di virtù, caro alla stessa imperatrice Santa Teodora (842-56).
Grande era in particolare il suo attaccamento ai Luoghi Santi, che egli visitò facendo donazioni a monasteri e chiese.
Ad ottantacinque anni fu preso prigioniero in una incursione musulmana.
Consegnato al condottiero arabo Buga, che si trovava a Tiflis, ebbe a subire minacce, maltrattamenti e un carcere durissimo.

Dopo qualche giorno fu mandato al califfo Giafar a Samarra in Babilonia.
Qui, riusciti inutili tutti gli sforzi per farlo apostatare, venne decapitato e il suo corpo fu esposto in pubblico.
In occasione del suo funerale Santa Teodora inviò una lettera di consolazione ai parenti del martire e a tutta la nazione georgiana.
Il bollandista Peeters ha fatto una critica severa a questa passio, riducendo il nucleo storico a ben poca cosa: nobile georgiano della regione Cachezia, donde l’appellativo Cachai, Costantino fu preso delle truppe del condottiero musulmano Buga e messo a morte il giorno 10 novembre 853.
Da principio la sua festa veniva celebrata nella Chiesa Georgiana il 22 novembre, poi fu trasferita al 10 dello stesso mese.
(Autore: Giorgio Eldarov – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Costantino Cachai, pregate per noi.

*San Demetriano di Antiochia - Vescovo (10 novembre)

Martirologio Romano: In Persia, transito di San Demetriano, vescovo di Antiochia, mandato in esilio dal re Sabor I.
Due calendari di Qennesre (cod. ms. del Museo Britannico Add. 17134 e Add. 14504) menzionano un San Demetrino o Demetriano vescovo, festeggiato col re Onorio il 20 o meglio il 21 tesrin (novembre).
Il Martirologio Geronimiano al 10 novenbre ricorda un San Demetrio di Antiochia; inoltre un San Demetrio è nominato in una lista di santi e vescovi di Antiochia, in un panegirico siriaco, tradotto dal greco ed attribuito ad Eusebio di Cesarea.
Chi sia questo Demetrio o Demetriano lo apprendiamo da testimonianze storiche soprattutto orientali, che parlano di un Demetriano, vescovo di Antiochia, padre del vescovo Domno, eletto nella prima metà del 253 e morto prima del 261, data in cui fu eletto vescovo di Antiochia Paolo di Samosata.
Egli si adoperò per combattere l'eresia di Novato. La data di elezione ci è nota da una lettera di Dionigi d'Alessandria al Papa Cornelio e dal Chronicon di Eusebio. Dalle fonti orientali invece veniamo a conoscere i particolari della sua fine.
Una cronaca ritrovata a Seert, basata sulle notizie fornite da Daniele bar Maria, storico siriaco del sec. VII, racconta che il re Sapore I, dopo avere devastato la Siria nel 256, deportò in massa gli abitanti di Antiochia in alcune città recentemente fondate nel suo regno : Sadsabur (corrispondente a Sadhsabur), Sapor (Sabur in Persia) e Bendo-sabora (Gundaisabur).
I cristiani di Antiochia, deportati a Bendosabora, elessero come successore del loro vescovo Demetriano, morto di dolore in esilio, un antiocheno di nome Azdaq.
Altri autori arabi, tra i quali At-Tabari, confermano queste notizie sull'opera di Sapore I e ci for­niscono validi confronti con l'operato di altri re persiani.
Inoltre cronografi più recenti, Mari ibn-Sulayman, Amr ben Matta e Saliba ben Iohanna, raccontano, sebbene in forma non attendibile, il modo in cui avvenne l'elezione di Demetriano a vescovo di Bendosabora.
È probabile che la notizia della sua morte non sia giunta subito ad Antiochia e che quindi solo nel 261 gli abitanti della città abbiano pensato ad eleggergli un successore.
È facile capire come possa essere stato considerato martire un pio vescovo de­portato da un re pagano e morto in esilio nell'adempiere al suo ministero.
Il silenzio delle fonti occidentali non è facilmente spiegabile; possiamo però notare che questo è solo uno dei molti avvenimenti importanti, quali ad esempio la cattura e la morte in esilio dell'imperatore Valeriano, che Euse­bio tace.
In seguito troviamo che alcune diocesi persiane si dicevano dipendenti da Antiochia ed i loro vescovi avevano nome greco.
Il Martirologio Romano celebra al 10 novembre Demetrio vescovo di Antiochia, col suo diacono Aniano, con Eustosio e venti compagni.
Si tratta in realtà di Demetriano sdoppiato in Demetrio e Aniano. Eustosio è sconosciuto e i venti compagni non hanno alcun rapporto con Demetriano.
(Autore: Carla Sisto – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Demetriano di Antiochia, pregate per noi.

*Sant'Elaeth - Re Inglese (10 novembre)

VI secolo
Fiflio di Meury, della famiglia di Coel-Hen, sembra sia stato nel sec. VI re di un territorio nell’Inghilterra settentrionale.
Cacciato dai suoi nemici, si rifugiò nell’Anglesey, dove divenne monaco a Bangor, sotto la direzione di San Seiriol, fondandovi la chiesa di Llan Elacth Frenin, oggi Amlwch.
Gli si attribuiscono due poemi di sei strofe ciascuno.
E’ ricordato il 10 novembre.
(Autore: Justo Fernandez Alonso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Elaeth, pregate per noi.

*Beata Emanuela del Sacro Cuore di Gesù (Manuela Arriola Uranga) - Vergine e Martire - (10 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beate Martiri Spagnole Suore Ancelle Adoratrici del Ss. Sacramento e della Carità” - (10 novembre)

“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007” - (6 novembre)
“Martiri della Guerra di Spagna” - Senza Data (Celebrazioni singole)
Ondárroa, Spagna, 29 dicembre 1891 - Madrid, Spagna, 10 novembre 1936
Beatificata il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Emanuela del Sacro Cuore di Gesù, pregate per noi.

*Beati Johannes Prassek, Hermann Lange e Eduard Muller - Martiri di Lubecca (10 novembre)
† Amburgo, Germania, 10 novembre 1943

Sacerdoti perseguitati dalla Gestapo nazista, furono infine decapitati. Beatificati il 25 giugno 2011. “Sono l’uomo più felice del mondo!” esclamò Johannes Prassek il giorno della sua prima Messa, nel marzo del 1937. Tuttavia, lo stesso giorno il neosacerdote percepì che avrebbe dovuto soffrire ancora molto. Prassek, nato il 13 agosto 1911, era cresciuto in condizioni modeste. Il
padre, un muratore originario della Slesia, era cattolico, ma non vicino alla Chiesa.
La madre, originaria del Meclemburgo, alla quale Prassek era molto attaccato e che con suo grande sgomento morì nel 1935, era una convertita devota che crebbe i suoi figli con tanto amore. Prassek frequentò ad Amburgo il rinomato Giovanneo, dal quale uscì nel 1931 con voti eccellenti. Da tempo aveva deciso di diventare sacerdote. Studiò prima nella scuola superiore dei gesuiti St. Georgen a Francoforte e poi terminò gli studi a Münster.
La sua situazione economica nel periodo dello studio fu piuttosto precaria. In parte visse grazie a benefattori, in parte come studente lavoratore. Infine Prassek entrò in seminario a Osnabrück, nel cui duomo fu ordinato sacerdote dal Vescovo Wilhelm Berning.
Immediatamente si ritrovò in diaspora, ovvero nella Wittenburg meclemburghese. Lì, grazie alla sue capacità pastorali e alla sua umanità venne così amato che la comunità si lamentò con il vescovo quando, nel 1939, Prassek fu trasferito a Lubecca come primo cappellano della Herz-Jesu-Kirche. Prassek imparò subito ad amare la città medievale e i suoi dintorni con il Mar Baltico. In senso biblico era un pescatore di uomini molto capace, anche chi stava lontano si sentiva attratto da quell’uomo alto 1, 94 con una sonora voce da basso, dal suo umorismo giocoso, dalla sua cordialità e dalla sua profonda serietà religiosa. Poteva ridere di molte cose, ma non certo del sacro e del precetto morale.
Hermann Lange
Nel giugno del 1939 a Prassek fu affiancato il vicario Hermann Lange. Quest’ultimo era nato il 16 aprile 1912 in una famiglia di accademici cattolici ed era stato allevato con grande cura. Un esempio era suo zio, il Capitolare del Duomo di Osnabrück, Hermann Lange, uomo erudito e sacerdote impegnato. Lange, nato il 16 aprile 1912 a Leer, nella Frisia orientale, aderì alla “Bund Neudeutschland”, che anelava a una “nuova formazione di vita in Cristo”. Dal 1933 al 1937 studiò teologia a Münster, frequentò il seminario maggiore di Osnabrück e nel 1938 fu ordinato sacerdote dal Vescovo Wilhem Berning nel duomo locale. Dopo due brevi esperienze in parrocchia fu inviato a Lubecca. Hermann Lange sia nell’insegnamento della religione sia nelle omelie era un
sistematico, quindi diverso da Prassek.
Mentre Hermann Lange non predicava mai senza un concetto elaborato, Prassek confidava soprattutto nel proprio intuito sebbene fosse anch’egli intellettualmente preparato. Nonostante il diverso modo di essere e le loro differenze sociali Prassek e Lange si intendevano alla perfezione. Di questa grande intesa umana entrò a far parte anche Eduard Müller. Quest’ultimo, nato il 20 agosto 1911, a Neumünster, nello Holstein, era vissuto in condizioni più precarie di quelle di Prassek. Infatti, il padre calzolaio, che aveva chiaramente perso la fede dopo gli orrori della Prima Guerra Mondiale, aveva abbandonato la sua famiglia numerosa, senza preoccuparsene più, aveva sposato un’altra donna ed era morto in un incidente mentre lavorava come manovratore.
La madre di Müller mandò avanti la famiglia, ovvero lui e le sue sorelle, facendo la domestica a ore e la lavandaia. Fin da bambino Eduard desiderò diventare sacerdote, cosa che allora non era nemmeno pensabile. Dopo la scuola elementare e un apprendistato di falegnameria Müller riuscì a entrare nella scuola per vocazioni tardive di St. Klemens a Driburg, dove, nel 1935, conseguì il diploma di maturità. Dopo gli studi teologici a Münster e un periodo trascorso nel seminario sacerdotale di Osnabrück, nel luglio del 1940 fu ordinato sacerdote nel duomo locale dal Vescovo Berning e subito inviato come ausiliare a Lubecca.
Lì, grazie alla sua disponibilità conquistò la simpatia di Eduard Müller. Gli erano richieste non solo capacità pastorali, ma anche artigianali. Fu molto amato dai bambini e dai giovani anche per le sue gite domenicali in mezzo alla natura.
Johannes Prassek predicava non solo in modo entusiasmante, ma anche pericoloso, perché si esprimeva continuamente contro lo spirito distruttivo della ideologia nazionalsocialista. Alla fine della messa domenicale persone che gli volevano bene lo mettevano in guardia contro la sua “imprudenza”, tanto più che era noto che anche la Gestapo si interessava alle sue omelie. “Ma bisogna dire la verità!” rispose di rimando lui più di una volta. Nelle lezioni di religione ai ginnasiali, ma anche in colloquio con civili e militari criticava aspramente l’omicidio di stato di persone malate fisicamente e psichicamente e quindi “improduttive” ed evidenziava chiaramente, dal punto di vista cristiano, altre violazioni dei diritti dell’uomo in guerra e quanto fosse anticristiana l’ideologia dei nazionalsocialisti.
Nell’estate del 1941 fece un incontro fatale. Durante un funerale Prassek incontrò il Pastore evangelico-luterano Karl Friedrich Stellbrink, Pastore della chiesa luterana di Lubecca. Stellbrink, nato nel 1894, era passato dall’essere un convinto nazionalsocialista a essere nemico acerrimo dei nazisti. Prassek e Stellbrink si intesero subito e concordarono una collaborazione futura. Si scambiarono anche messaggi della cosiddetta “radio nemica”, per informarsi sulla reale situazione bellica. Nello stesso modo, nell’estate del 1941, il Vescovo di Münster Conte Clemens August von Galen aveva tenuto le sue tre tonanti omelie contro l’omicidio di massa di disabili ordinato dallo Stato e contro la generale perdita di diritti nello stato nazionalsocialista. Il Pastore evangelico Stellbrink sostenne gli ecclesiastici e anche i laici cattolici nella diffusione e la riproduzione delle prediche di von Galen e le diffuse anche nell’ambiente evangelico.
Eduard  Müller
La notte della Domenica delle Palme Lubecca fu vittima del primo bombardamento della Royal Air Force. Il Pastore evangelico, così come i suoi confratelli cattolici, recò aiuto, laddove poté, mise in salvo feriti e abitanti di Lubecca divenuti dei senzatetto. La mattina successiva, stremato, dal pulpito disse che quella notte Dio aveva parlato con linguaggio potente. Pochi giorni dopo Stellbrink fu arrestato dalla Gestapo.
Il 28 marzo fu fermato Prassek, tradito da un informatore. Il 15 giugno fu arrestato Hermann Lange, il 22 giugno Eduard Müller. Insieme con loro furono arrestati anche diciotto laici cattolici. Fu prospettata loro una veloce scarcerazione, se avessero preso le distanze per iscritto dai loro Pastori. A loro grande merito va il fatto che, senza alcuna eccezione, rifiutarono di farlo e anzi giovani e vecchi sopportarono gli orrori del carcere.
L’ultimo sopravvissuto, che ha scritto in modo commovente dei martiri, è Stephan Pfürtner e ha oggi 88 anni. La carcerazione preventiva, durata più di un anno, in due carceri di Lubecca, fu caratterizzata da numerose privazioni. I detenuti soffrivano per la fame e per il freddo e per la sensazione di essere stati abbandonati dal Vescovo. In realtà, le lettere di incoraggiamento del Vescovo Berning non furono mai recapitate.
Anche dal carcere gli ecclesiastici operarono in senso pastorale. Il 21 febbraio 1943, Prassek scrisse a una scolara parole che ancora oggi sono attuali: “In questo caso la grandezza consiste dell’essere diversi dal nostro tempo «non moderni, arretrati, ostili alla vita, in fuga dal mondo» e come recitano oggi le bizzarre parole propagandistiche di visione del mondo distorta e moderna. Sappiamo che queste nostre idee, questi nostri dogmi racchiudono la sicurezza e il benessere dell’umanità, sappiamo che in queste nostre idee le leggi della natura e Dio si trovano dalla nostra parte: questo ci dona sicurezza, questo ci dona anche il coraggio di dire sempre un No, anche nelle circostanze di un presente schiacciante…”.
Lo stesso Adolf Hitler intervenne nel processo autorizzato dal secondo senato del tribunale popolare, dal 22 al 24 giugno 1943, sotto Wilhelm Chrone, giurista di pessima fama. Egli fece cancellare dall’atto di accusa tutti i riferimenti alla diffusione delle prediche di von Galen. Infatti, nei confronti di von Galen, che era molto popolare, Hitler nutriva un rispetto carico d’odio.
Tre giovani sacerdoti di diaspora e un pastore evangelico abbandonato dalla sua Chiesa erano, in confronto, un caso più facile.
Dopo un processo farsa Prassek, Lange, Müller e Stellbrink furono condannati a morte. Furono accusati di disgregazione di potenziale militare, reati legati alla radio, favoreggiamento del nemico e tradimento della patria. I laici furono rilasciati con due eccezioni, una delle quali riguardò Adolf Ehrtmann, che all’inizio del 1945 fu liberato dalle truppe russe e in seguito, da senatore, organizzò la ricostruzione di Lubecca.
Per fortuna queste sciocchezze sono passate, osservò Prassek all’ingresso del carcere dopo aver ricevuto la condanna a morte. Il giorno della condanna, egli ed Eduard Müller scrissero nel loro Nuovo Testamento: “Sit nomen Domini benedictum (sia lodato il nome del Signore) - oggi sono stato condannato a morte”.
Portati nel carcere Holstenglacis di Amburgo, attesero lì l’esecuzione della condanna a morte. L’evangelico Stellbrink e il cattolico Lange condividevano la cella. “Viviamo come fratelli” faceva sapere Lange all’esterno. Il 10 novembre 1943, alle 13, il pubblico ministero si recò nelle celle e annunciò in modo secco che l’esecuzione avrebbe avuto luogo alle 18, per decapitazione. Ricevettero moduli per le lettere di addio, che non raggiunsero tutti i destinatari, alcuni dei quali furono rintracciati sessant’anni dopo dallo storico Peter Voswinckel. Scrisse Prassek “Stasera è arrivato finalmente il momento, devo morire. Me ne rallegro così tanto da non potervi dire quanto. Dio è così buono che mi ha permesso di operare ancora alcuni anni sereni come sacerdote”.
Lange scrisse ai suoi genitori: “Se mi chiedete come mi sento, posso solo rispondervi: 1) di buon umore, 2) pieno di grande eccitazione! Per quanto riguarda il punto 1, per me oggi finisce tutto il dolore, tutta la desolazione terrena e Dio asciugherà tutte le lacrime dai vostri occhi! Infine: “Arrivederci lassù presso il Padre della luce!”. Eduard Müller prese congedo dalla sorella con le seguenti parole: “Ora percorriamo il difficile cammino, secondo la natura umana, e poi saranno finiti il dolore e l’umiliazione, i conflitti e le lotte. Lisbeth, addio! Ci rivedremo in cielo. Le mie ultime parole: A Cristo, nostro Re, fedeltà eterna!”. Karl Friedrich Stellbrink, il padre di famiglia, si congedò con le seguenti parole: “Dio ti benedica e ti protegga, amata Hildegard! Dio benedica e protegga voi, amati figli! Dio benedica e protegga il nostro amato popolo tedesco e la patria! Dio benedica e protegga tutti coloro che lo amano o lo cercano con tutto il cuore! Con gratitudine e in fedeltà il tuo Fritz e vostro padre”.
Percorsero l’ultimo viaggio, lungo il corridoio del carcere, pregando in manette, si congedarono con grande cortesia dai loro compagni detenuti. La ghigliottina scese quattro volte ogni tre minuti. I quattro sono liberati dal loro martirio. Il 25 giugno Prassek, Müller e Lange verranno beatificati a Lubecca.
Il loro amico evangelico, Stellbrink, verrà onorato ufficialmente con loro, nel senso espresso dal Santo Padre, a settembre dello scorso anno, sulla beatificazione degli ecclesiastici cattolici: “Con i Cappellani di Lübeck si commemorerà anche il Pastore evangelico Karl Friedrich Stellbrink. L’attestata amicizia dei quattro ecclesiastici è una testimonianza impressionante dell’ecumenismo della preghiera e della sofferenza, fiorito in vari luoghi durante l’oscuro periodo del terrore nazista. Per il nostro comune cammino ecumenico possiamo vedere questi testimoni come luminose indicazioni.”
(Autore: Martin Thoemmes)
Johannes Prassek: prigioniero per aver detto la verità
Il giorno in cui venne ordinato sacerdote si definì “la persona più felice”. Padre Prassek nacque 100 anni fa ad Amburgo. Studiò nell'università dei Gesuiti St. Georgen a Francoforte e nel 1935 entrò nel seminario maggiore di Osnabrück, ricevendo due anni dopo il sacramento dell'ordine.
La sua prima missione fu quella di vicario di Wittenburg, e nel 1939 divenne vicario della comunità di Herz-Jesu a Lubecca, venendo poi nominato cappellano.
Si guadagnò presto l'affetto dei fedeli: “Prassek attirava a sé persone difficili ed estranee, disagiati ed oppressi”, ha detto l'avvocato Ambrosi. “La sua pastorale lo impegnava fino al limite della sua capacità fisica e psichica”.
In poco tempo divenne noto per la sua fama di predicatore: “Le sue impressionanti omelie domenicali non solo attiravano numerosi fedeli, ma anche le spie della Gestapo”, ha riconosciuto il postulatore.
“Alcuni amici lo misero in guardia, dopo la Messa, circa le critiche mosse, forse troppo imprudentemente, contro l’ideologia nazionalsocialista, ma Prassek non si lasciò influenzare e pensava che si dovesse dire la verità”.
Nel 1941 conobbe un giovane pastore protestante con cui ebbe grande affinità e che gli mostrò il suo desiderio di conoscere la fede cattolica, ma quest'uomo risultò una spia della Gestapo e le informazioni che ottenne furono fondamentali per far arrestare padre Johannes il 18 maggio 1942.
Venne portato nell'edificio di Burgkloster (oggi museo che porta lo stesso nome). Attese più di un anno di essere processato in condizioni disumane di fame e freddo, che lo colpirono gravemente perché aveva una malattia allo stomaco. Durante quel periodo scrisse molte lettere.
“Nonostante il duro periodo di prigionia e la prospettiva della propria esecuzione, Prassek non perse la sua coscienza di fede e la sua cordialità volta a consolare i compagni di prigionia”, ha sottolineato Ambrosi.
Il giorno della sua esecuzione gli permisero di scrivere una lettera di addio alla sua famiglia, che venne poi distrutta per le dure parole contro il regime nazionalsocialista che conteneva. “La ghigliottina pose fine alla sua agonia sopportata con irremovibile coraggio e fiducia”, ha detto il postulatore.
Hermann Lange, grande intellettuale e martire
L'avvocato Ambrosí lo definisce un “sacerdote molto erudito ed intellettuale non solo in questioni teologiche”.
Nacque nel 1912 nella Frisia orientale e fece parte di un'associazione cattolica stuendesca chiamata Nuova Germania.
Era un fedele seguace dello scrittore Romano Guardini, la cui opera lo influenzò notevolmente. Nel 1931 studiò nella facoltà di Teologia dell'università di Münster, e poi entrò nel seminario maggiore di Osnabrück.
Venne ordinato sacerdote nel 1938. Nel giugno 1939 iniziò il suo lavoro pastorale nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Lubecca.
L'avvocato Ambrosi ha sottolineato “le sue omelie preparate in modo assolutamente accurato”. “Era un sacerdote deciso, ma dai toni gentili e di nobili sentimenti dal punto di vista umano; era perfettamente integro”.
Spiccava per la sua grande sensibilità, l'umanità e la preparazione teologica, ed era un grande
oppositore del nazionalsocialismo.
In quel periodo ebbe un colloquio con un giovane soldato che serviva questo regime. Lange gli disse chiaramente che un cristiano non poteva stare dalla parte dei tedeschi nella guerra.
Diffuse senza paura i suoi scritti contro il regime finché nel 1942 Lubecca subì i primi bombardamenti. Senza preoccuparsi del rischio che correva, si preoccupò che i suoi fedeli fossero in salvo.
Venne arrestato il 16 giugno 1942 dalla Gestapo. “Il secondo senato del tribunale popolare lo condannò a morte insieme ad altri sacerdoti per disgregazione del potenziale militare, appoggio al nemico con tradimento della patria e delitti radiofonici”, perché in un programma alla radio diffondeva le sue idee contro il regime.
Il postulatore ha sottolineato l'“atteggiamento ammirevole” che padre Lange ebbe in prigione, dove condivise la cella con il pastore protestante Schwentner, che secondo vari testimoni trattò “come un fratello”.
Le sue lettere testimoniano un'ammirevole docilità alla volontà di Dio e grande profondità religiosa: “Quando riceverete questa lettera, non sarò più nel mondo dei vivi!”, scrisse ai suoi genitori il giorno della condanna. “Oggi ci sarà il grande ritorno nel Regno di Dio Padre. E poi rivedrò anche tutti quelli che sulla terra mi sono stati cari e vicini!”.
Commentando questa lettera, lo scrittore tedesco Thomas Mann ha detto che si tratta della “più bella testimonianza per il dono della fede cristiano-cattolica”.
Eduard Müller e la santità nelle cose semplici
Del gruppo dei quattro martiri fu quello che ebbe la giovinezza più difficile. Nato nell'agosto 1911 in una famiglia umile, era il più piccolo di sette figli e suo padre abbandonò la famiglia. Studiò nella scuola cattolica di Neumünster, fu chierichetto e poi divenne carpentiere, ma fin da piccolo mostrava il desiderio di diventare sacedote.
Grazie al sostegno di alcuni benefattori della parrocchia poté concludere gli studi secondari e poi studiò Teologia cattolica a Münster.
Nel 1940 venne ordinato sacerdote a Osnabrück. Lavorò nella parrocchia del Sacro Cuore di Lubecca.
“Il suo modo di essere calmo, gentile e non autoritario è molto stimato dai testimoni dell’epoca”, ha detto l'avvocato Ambrosi.
“Particolarmente celebre divenne la sua capacità d’immedesimazione nella vita dei lavoratori e degli artigiani. Non era infatti difficile per lui immedesimarsi, perché egli stesso proveniva da questo ambiente e vi rimase sempre legato”.
Dei quattro martiri di Lubecca era il meno politico, ma venne comunque arrestato nel luglio 1942.
Dopo essere stato condannato a morte scrisse: “Ho l’attesa e la speranza che non sarò mai deluso, bensì in tutta franchezza, come sempre, anche ora Cristo verrà glorificato con il mio amore, sia con la vita che con la morte”.
I tre martiri vennero assassinati in un intervallo di appena tre minuti. Seppero versare il prorio sangue dando la vita come sacrificio supremo dell'amore di Cristo.
(Autore: Carmen Elena Villa - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Johannes Prassek, Hermann Lange e Eduard Muller, pregate per noi.

*San Giusto di Canterbury - Vescovo (10 novembre)
Roma ? – Canterbury, 627
Monaco benedettino romano, fu missionario fra gli anglosassoni con Sant'Agostino. Fu vescovo di Rochester e poi arcivescovo di Canterbury.
Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Canterbury in Inghilterra, San Giusto, vescovo, che fu mandato dal Papa San Gregorio Magno insieme con altri monaci per aiutare Sant’Agostino nell’evangelizzazione dell’Inghilterra e divenne infine vescovo di questa sede.
Gregorio Magno e la sua politica missionaria
Dalla cronotassi degli arcivescovi di Canterbury, al quarto posto risulta il nome di Giusto: Sant’Agostino benedettino (Roma 13 novembre 534 - 26 maggio 604 deceduto); San Lorenzo († 28 aprile 604 consacrato - 2 febbraio 619 deceduto); San Mellito († 619 - 24 aprile 624 deceduto; San Giusto († 624 - 10 novembre 627 deceduto); Sant’Onorio († 627 - 30 settembre 653 deceduto), etc.
Verso la fine del VI secolo, papa Gregorio Magno intraprese una campagna di evangelizzazione della Britannia cristiana, dopo la prima fase ad opera di San Patrizio e di San Colombano, cui, però, era succeduto una diffusione di paganesimo e d’idolatria. Da Roma, papa Gregorio, nella primavera del 596, inviò una quarantina di monaci benedettini, guidati dal priore Agostino. Il drappello giunse nella primavera del 597, accolto da re Etelberto, che in precedenza aveva sposata la cristiana Berta, figlia del re franco Cariberto di Parigi.
La presenza della nuova regina Berta, fu di grande auspicio. Difatti, insieme a lei arrivò alla corte di Kent anche il vescovo Liutardo, che per esigenze spirituali della Regina adattò a chiesa una costruzione romana, dedicandola San Martino di Tours. E nella Pasqua del 601, lo stesso re Etelberto si fece battezzare e si convertì al cristianesimo, divenendo così anche il primo monarca cristiano del mondo anglosassone.
Nel 602, il vescovo Agostino istituì la sede vescovile di Canterbury, erigendo la nuova cattedrale, dedicata a Cristo Salvatore; mentre nei pressi della chiesa di san Martino eresse un monastero, nella cui chiesa, a San Pietro dedicata, vennero raccolte le tombe dei vescovi e dei reami della corte di Canterbury. Dopo alcune successioni, nel 624 Papa Bonifacio V inviò il pallio di primate a Giusto di Canterbury, che lo tenne fino alla morte, avvenuta il 10 novembre 627.
Alla morte di sant’Etelberto, salì al trono il figlio Edbaldo, che ben presto ripudiò la fede cristiana e cominciò anche a perseguitare i seguaci di Cristo, tanto che alcuni preferirono rifugiarsi nella vicina Gallia, come per esempio Mellito e Giusto, mentre Lorenzo restò sulla cattedra, sfidando il nuovo Re. Alla fine, Edbaldo, a causa della fortezza e tenacia del Vescovo Lorenzo, si convertì al cristianesimo, e così anche i vescovi Mellito e Giusto, insieme ad altri cristiani, fecero ritorno nel regno di Kent.
Quando il vescovo Lorenzo, morì nel 619, ebbe la degna sepoltura a fianco di Sant’Agostino, nell’abbazia di Canterbury.
Profilo biografico di Giusto
Non si conosce la data di nascita di Giusto. Con certezza si sa che nella seconda missione organizzata da Gregorio Magno, nel 601, per evangelizzare l’Inghilterra, dopo il primo drappello di
quaranta monaci benedettini, con a capo l’abate Agostino; inviò un altro gruppo di missionari, in aiuto al primo, capeggiato dall’abate benedettino Mellito, insieme ai monaci Paolino, Rufiniano e a Giusto. Certamente d’origine romano, Giusto apparteneva all’Ordine di San Benedetto, nel monastero di Sant’Andrea sul Clivo di Scauro al Celio, in Roma.
Con la conversione del Re Etelberto, l’Arcivescovo di Canterbury, il monaco Agostino, istituì la cattedrale di Sant’Andrea, e come Primate consacrò primo vescovo di Rochester proprio Giusto nel 604. In questo periodo, l'evento più importante della sua nuova missione pastorale di Giusto fu l'evangelizzazione della Northumbria.
Compito reso più agevole anche dal matrimonio di Edwin, re della Northumbria, con Ethelberta, sorella di Edbardo, re di Kent.
Durante questa missione, Paolino fu consacrato arcivescovo di York da Giusto e, nel giro di due anni, re Edwin fu battezzato con molti dei suoi sudditi in una piccola chiesa costruita a York vicino all'odierna cattedrale.
Dopo il forzato esilio in Gallia, nel 618, a causa della persecuzione contro i cristiani da parte del nuovo Re Edbaldo. Giusto e gli altri rientrarono l’anno successivo, a causa della conversione dello stesso Re Edbaldo, che favorì il ritorno in patria.
Alla morte del Vescovo Mellito, il 24 aprile 624, Giusto gli successe sulla cattedra primaziale di Canterbury, come quarto arcivescovo.
Per la l’elezione ad arcivescovo di Canterbury, ricevette direttamente dal papa Bonifacio V il pallio primaziale, insieme a una lettera elogiativa per il suo assiduo ministero svolto a vantaggio delle popolazioni britanniche. Resse la cattedra di Canterbury fino alla sua morte, il 10 novembre 627. Venne sepolto nella chiesa abbaziale dei SS Pietro e Paolo.
Culto e santità
Sulla tomba del Santo Arcivescovo Giusto si sviluppò subito e immediatamente una speciale venerazione e un culto pubblico, tanto da riconoscerlo e proclamarlo come Santo. E come tale lo venerano la Chiesa cattolica, le Chiese Ortodosse orientali e la Chiesa Anglicana.
La festa liturgica ricorre il 10 novembre.
(Autore: P. Giovanni Lauriola ofm - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giusto di Canterbury, pregate per noi.

*San Leone I, detto Magno - 45° Papa e Dottore della Chiesa (10 novembre)
(Papa dal 29/09/440 al 10/11/461)

Arcidiacono (430), consigliere di Celestino I e di Sisto III, inviato da Valentino a pacificare le Gallie, venne eletto papa nel 440 circa.
Fu un Papa energico, avversò le sopravvivenze del paganesimo; combatté manichei e priscillanisti.
Intervenne d’autorità nella polemica cristologica che infiammava l’Oriente, convocando il concilio ecumenico di Calcedonia, nel quale si proclamava l’esistenza in Cristo di due nature, nell’unica persona del Verbo.
Nel 452 fu designato dal debole imperatore Valentiniano III a guidare l’ambasceria romana inviata ad Attila.
I particolari della missione furono oscuri: è solo che il re degli Unni, dopo l’incontro con la delegazione abbandonò l’Italia. Quando Genserico nel 455 entrò in Roma, Leone ottenne dai Vandali il rispetto della vita degli abitanti, ma non poté impedire l’atroce saccheggio dell’Urbe.
Dotato di un alto concetto del pontificato romano, fece rispettare ovunque la primazia del vescovo di Roma. Compose anche preghiere contenute nel “Sacramentario Veronese”. Benedetto XIV, nel 1754 lo proclamò dottore della Chiesa, E’ il primo papa che ebbe il titolo di Magno (Grande).
Etimologia: Leone = leone, dal latino
Martirologio Romano: Memoria di San Leone I, Papa e dottore della Chiesa: nato in Toscana, fu dapprima a Roma solerte diacono e poi, elevato alla cattedra di Pietro, meritò a buon diritto l’appellativo di Magno sia per aver nutrito il gregge a lui affidato con la sua parola raffinata e saggia, sia per aver sostenuto strenuamente attraverso i suoi legati nel Concilio Ecumenico di Calcedonia la retta dottrina sull’incarnazione di Dio.
Riposò nel Signore a Roma, dove in questo giorno fu deposto presso San Pietro.
Nel 440 c’è in Gallia quasi una guerra civile tra le due più alte autorità romane: il generale Ezio e il prefetto del pretorio Albino. Il potere imperiale è così debole, che per pacificarli si manda un uomo di Chiesa: il diacono romano Leone. Questi va e riconcilia i due. Poi apprende che Papa Sisto III è morto e che è stato già eletto lui, Leone.
Nei suoi 21 anni di pontificato passano 4 imperatori: uno cacciato subito (Avito) e gli altri ammazzati: Valentiniano III, Petronio Massimo e Maggioriano.
L’Impero è in agonia e la giovane Chiesa è travagliata da scontri dottrinali e discordie.
Con l’energia e la persuasione, Leone rafforza in Occidente l’autorità della Sede di Pietro, e affronta duri contrasti in dottrina.
L’abate orientale Eutiche, influente a Costantinopoli, sostiene che in Cristo esiste una sola natura (monofisismo), contro la dottrina della Chiesa sulle due nature, distinte ma non separate, nella stessa persona.
E ottiene che l’imperatore Teodosio convochi nel 449 un concilio a Efeso (Asia Minore).
Ma qui parlano solo gli “eutichiani”, senza ascoltare i legati di Leone, e acquistando nuovi proseliti.
Negando validità a questo concilio, il Papa persuade il nuovo imperatore Marciano a indirne un altro nel 451. E questo è il grande concilio di Calcedonia (presso Bisanzio), quarto ecumenico, che approva solennemente la dottrina delle due nature.
Non tutti però ne accettano le decisioni, e ci sono gravi disordini, soprattutto in Palestina.
Intanto l’Occidente vive tempi di terrore.
L’Impero non ha più un vero esercito; e gli Unni di Attila, già battuti da Ezio nel 451, si riorganizzano in fretta, piombano sull’Alta Italia nel 452.
Lo Stato impotente chiede a Papa Leone di andare da Attila con una delegazione del Senato.
S’incontrano presso Mantova, e Leone convince il capo unno a lasciare l’Italia, anche col pagamento
di un tributo (la leggenda parlerà poi di una visione celeste che terrorizza Attila).
Tre anni dopo, i Vandali d’Africa sono davanti a Roma col re Genserico.
A difendere gli inermi c’è solo Leone, che non può impedire il saccheggio; ma ottiene l’incolumità dei cittadini ed evita l’incendio dell’Urbe. É un romano antico (forse anche di nascita) che ha incontrato Cristo, e che sente fortemente la responsabilità di successore di Pietro.
Arricchisce la Chiesa col suo insegnamento (specie sull’Incarnazione); chiede obbedienza ai vescovi, ma li sostiene col consiglio personale, li orienta in dottrina, nello splendido latino dei suoi scritti, per "tenere con costanza la giustizia" e "offrire amorosamente la clemenza", poiché "senza Cristo non possiamo nulla, ma con Lui possiamo tutto".
Non si hanno notizie sugli ultimi tempi della sua vita. Il Liber pontificalis dice che governò 21 anni, un mese e 13 giorni. I suoi romani lo chiamano “Leone Magno”, il Grande.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Leone I, pregate per noi.

*Beata Lucilla di Gesù (Lucía González García) - Vergine e Martire (10 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beate Martiri Spagnole Suore Ancelle Adoratrici del Ss. Sacramento e della Carità”
- (10 novembre)
“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007”
- (6 novembre)
“Martiri della Guerra di Spagna”
- Senza Data (Celebrazioni singole)

San Esteban del Valle, Spagna, 1908 - Madrid, Spagna, 10 novembre 1936
Beatificata il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Lucilla di Gesù, pregate per noi.

*Beata Maria de la Natividad (Ursula Medes Ferris) - Monaca Bernardina, Martire (10 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Cistercensi della Stretta Osservanza (Trappisti) e di San Bernardo" - Senza data
(Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data
(Celebrazioni singole)
Algemesí, Spagna 18 dicembre 1880 - Alcudia de Carlet,Spagna, 10 novembre 1936

Nel luglio del 1936 le monache di Fons Salutis, monastero di bernardine situato a Algemesí, vicino
a Valencia, in Spagna, furono espulse dai comunisti.
Madre María de la Natividad Medes Ferris, dopo l'espulsione si rifugiò presso la sua famiglia, dove la raggiunsero due suoi fratelli, religiosi carmelitani.
Arrestati assieme a un quarto fratello, furono tutti detenuti nel monastero di Fons Salutis.
Nella notte del 10 novembre i quattro fratelli furono condotti in luogo imprecisato fra Alcira e Carlet e fucilati.
Madre Maria de la Natividad è stata beatificata il 3 ottobre 2015.
Giaculatoria - Beata Maria de la Natividad, pregate per noi.

*Beate Martiri Spagnole Suore Ancelle Adoratrici del Ss. Sacramento e della Carità” (10 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartengono:
“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007” - (6 novembre)
“Martiri della Guerra di Spagna” - Senza Data (Celebrazioni singole)
+ Madrid, Spagna, 10 novembre 1936
Madre Emanuela del Sacro Cuore di Gesù (Manuela Arriola Uranga) e 22 compagne sono state beatificate il 28 ottobre 2007.
- Manuela del Sagrado Corazón (Manuela Arriola Uranga)
- Blasa de María (Juana Pérez de Labeaga García)
- Lucila María de Jesús (Lucía González García)
- Rosaura de María (Rosa López Brochier)
- Casta de Jesús (Teresa Vives y Missé)
- Borja de Jesús (Mª Zenona Aranzábal Barrutia)
- Luisa de la Eucaristía (Luisa Pérez Andriá)
- María de la Presentación (María García Ferreiro)
- Sulpicia del Buen Pastor (Dionisia Rodríguez de Anta)
- Belarmina de Jesús (Belarmina Pérez Martínez)
- Mª Dolores de la Santísima Trinidad (Mª Dolores Hernández Santorcuato)
- Mª Dolores de Jesús Crucificdo (Mª Dolores Monzón Rosales)

- Máxima de San José (Emilia Echeverría Fernández)
- Prima de Jesús ( Mª Prima Ipiña Malzárraga)
- Sinforosa de la Sagrada Familia (Sinforosa Díaz Fernández)
- Purificación de María (Purificación Martínez Vera)
- Josefa de Jesús (Josefa Boix Riera)
- Herlinda (Aúrea González Fernández)
- Ángeles (Mercedes Tuní Ustech)
- Ruperta (Concepción Vázquez Áreas)
- Felipa (Felipa Gutiérrez Garay)
- Cecilia (Concepción Iglesias del Campo)
- Magdalena (Magdalena Pérez)
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beate Martiri Spagnole Suore Ancelle Adoratrici del Ss. Sacramento e della Carità, pregate per noi.

*San Narsete e Giuseppe - Martiri in Persia (10 novembre)

† 10/12 novembre 343
Decapitati, in Persia, per essersi rifiutati di adorare il Sole.
Martirologio Romano: In Persia, santi martiri Narsete, vescovo, di veneranda età, e Giuseppe, suo discepolo, giovane, che furono decapitati con la spada per essersi rifiutati di obbedire all’ordine del re Sabor II di adorare il sole.
Santi Narsete (Narsay), vescovo di Sahqart, e Giuseppe, suo discepolo.
La passio siriana di Narsete e Giuseppe, che era già stata pubblicata, successivamente, ed in base ai versi scritti da S. E. Assemani e da P. Bedjan, fu nuovamente edita con traduzione latina da P. Peeters tenendo conto delle due precedenti pubblicazioni.
Secondo questo testo, nel quarto anno della persecuzione di Sapore II (343), mentre il re si trovava a Saptà nel Beth Garmay, i mazdei profittarono della sua presenza per accusare Narsete il quale, ottantenne, era vescovo della città di Sahrqart, posta in prossimità di Karka de-Beth Selók (odierna Kerkùk nell’Iraq).
Narsete e il suo giovane discepolo Giuseppe sono condotti davanti a Sapore il quale tenta dapprima con lusinghe di portarli ad apostatare dalla loro fede cristiana ma, non essendovi riuscito, pronuncia contro di loro la sentenza che li condanna alla pena capitale.
È il caso di citare la risposta di Narsete che precedette la conclusione del giudizio: «O re! Anche se tu potessi ucciderci e riucciderci sette volte, non abbandoneremmo il nostro Dio per ubbidirti». I due martiri sono giustiziati in loco (per primo il discepolo) in mezzo ad una numerosa folla.
La brevità del testo, quasi esclusivamente costituito dal dialogo tra Sapore e Narsete, e l’assenza di dettagli precisi, indicano che questa passio non fu redatta da un testimone, né da un contemporaneo, malgrado l’antichità dei manoscritti che l’hanno conservata (uno di essi può risalire al V secolo.
Tuttavia le rare precisazioni che essa riporta non contraddicono affatto la storia e la geografia, cosicché non si può negare l’autenticità di questo doppio martirio che ebbe luogo il decimo giorno della luna di tisrin II (novembre) del quarto anno della persecuzione.
Dopo aver tentato di pervenire ad una corrispondenza tra i calendari, P. Peeters proponeva più semplicemente, basandosi anche su altre passiones, di ridurre il calendario lunare a quello solare ed accettava come data del martirio sia il 10 novembre 343 sia il 12 dello stesso mese (= decimo giorno della luna).
Il Martirologio Siriaco del secolo IV nomina Narsete vescovo di Sahrqart nell’elenco dei vescovi martirizzati in Persia, ma, come avviene per tutti i nomi contenuti in questo supplemento, senza assegnargli un giorno determinato.
Giuseppe invece non figura in questa fonte.
I sinassari bizantini hanno iscritto Narsete e Giuseppe al 20 novembre avendo forse preso, per errore, come quarto della persecuzione di Sapore l’anno 345, oppure in seguito a qualche altro errore di interpretazione.
La breve notizia che è loro dedicata assegna a Narsete l’età di ottant’anni, ma pur presentando Giuseppe come suo discepolo, lo dice ottantacinquenne, o anche ne fa un vescovo.
Gli stessi sinassari non ne precisano la città episcopale, contentandosi di dire che si tratta di martiri persiani; alcuni mss. aggiungono che furono martirizzati con altri compagni: vescovi, preti e donne, vergini e monache.
Questa notizia deriva certamente da una traduzione della passio siriaca, che essa riassume, e si vedrà più oltre da dove provenga questa aggiunta a proposito dei «compagni» di Narsete e Giuseppe.
Questi martiri sono rimasti sconosciuti ai martirologi medievali dell’Occidente e soltanto con C. Baronio furono introdotti al 20 novembre nel Martirologio Romano con il semplice annunzio: «in Perside passio sanctorum Nersae episcopi et sociorum» che proviene direttamente da qualche sinassario bizantino, verosimilmente dal cosiddetto Menologio del cardinale Sirleto nel quale, per altro, Giuseppe viene nominato esplicitamente.
(Autore: Joseph-Marie Sauget - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Narsete e Giuseppe, pregate per noi.

*Santa Ninfa - Martire (10 novembre)

Emblema: Palma
Dobbiamo purtroppo riportare notizie fantasiose che riguardano la vita di questa santa martire. Ninfa era figlia di Aureliano, prefetto di Palermo al tempo di Costantino Magno (280-337), persecutore in un primo tempo dei cristiani, fu convertita e battezzata nella sua casa dal vescovo Mamiliano, insieme ad altre trenta persone.
Il padre Aureliano mentre arrestava Mamiliano e altri duecento cristiani, cercò di far recedere la figlia dalla nuova religione.
àVisti vani i suoi tentativi e dopo averli sottoposti a torture, li fece chiudere in carcere, ma un angelo li liberò, conducendoli in riva al mare dove trovarono una barca che li condusse, Mamiliano e Ninfa, nell’Isola del Giglio, dove rimasero in preghiera e solitudine.
Desiderosi di visitare Roma, sbarcarono sotto indicazione celeste, in un luogo chiamato Bucina, abitato da molti pagani, dopo la visita alle tombe degli apostoli, Mamiliano morì e Ninfa lo fece seppellire vicino Bucina; dopo circa un anno anche Ninfa morì il 10 novembre e sepolta dove erano conservate le reliquie di altri martiri (da ciò si suppone che sia morta martire).
I cristiani del luogo la invocarono perché passasse una siccità che li affliggeva. Il suo nome è citato in varie passio di altri martiri come i Santi Mario, Marta e figli; inoltre è ricordata insieme ai martiri Trifone e Respicio, solo perché le sue reliquie erano venerate insieme a quelle degli altri due nella chiesa di Santo Spirito in Sassia.
Comunque la più antica notizia su Santa Ninfa è del secolo IX, perché nella biografia del papa Leone IV (847-855), si legge che egli fece un dono alla chiesa di S. Ninfa martire, esistente nella zona Portuense.
Le sue reliquie nel sec. XII, si trovavano in varie chiese di Roma e il capo nel 1592 era venerato nella chiesa di S. Maria in Monticelli a Roma.
Nel 1593 il capo della santa fu trasferito a Palermo in un altare della cattedrale, consacrato nel 1598. Il culto si diffuse in altre città siciliane e un paese in provincia di Trapani ne porta addirittura il nome. Il nome deriva dal greco Nynphe e indicava le giovani donne in età da marito; inoltre le ninfe erano divinità femminili minori dei boschi, fiumi, monti, laghi.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Ninfa, pregate per noi.

*Sant'Oreste di Tiana in Cappadocia - Martire (10 novembre)
Etimologia: Oreste = abitatore dei monti, dal greco
Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Tiana in Cappadocia, nell’odierna Turchia, Sant’Oreste, martire.
Oreste significa "uomo del monte", "montanaro", ed è nome famoso nella letteratura greca perché portato dal figlio di Agamennone, vendicatore del padre sull'adultera madre Clitemnestra, e a sua volta perseguitato dalle furie infernali. Un nome di rude origine e di tragica risonanza, ma ancora largamente diffuso nel mondo cristiano.
Eppure, di Santi con il nome di Oreste se ne incontra, nel Calendario, soltanto uno, quello di oggi.
Di lui sappiamo con certezza soltanto una cosa: che fin dall'antichità si venerava un Martire con quel nome.
Qualche monastero importante era a lui dedicato: per esempio quello che, nel IV secolo, si trovò conteso tra la giurisdizione di due Vescovi, in Cappadocia.
Più tardi, nel secondo Concilio di Nicea, nel quale vennero condannati gli Iconoclasti, cioè gli spezzatori e gli spregiatori delle sacre immagini, si ha notizia di un monaco partecipante al Concilio e appartenente al monastero di Sant'Oreste.
Era forse lo stesso monastero di Cappadocia, costruito sopra un monte, sulle reliquie di un Martire chia-mato Oreste.
Come le reliquie del Martire fossero giunte lassù, e chi poi fosse Sant'Oreste, nessuno molto probabilmente lo sapeva. L'indiscriminata persecuzione di Diocleziano aveva disseminato di Martiri
tutta la Cappadocia. li monastero non doveva essere sorto certamente a caso. E se era dedicato a Sant'Oreste, si poteva esser certi che il suo era nome di Martire.
Si intessé perciò un racconto che, cominciando dove e quando si credette opportuno, terminava però lì, nella "confessione" della chiesa monastica di Sant'Oreste. E così nacque la passione leggendaria dello sconosciuto Martire, caduto probabilmente nell'ultima persecuzione.
Sant'Oreste venne detto medico, accusato di stornare il popolo dalla idolatria. Un medico, infatti, può molto sull'animo dei malati, bisognosi di aiuti materiali ma anche di conforti spirituali.
Denunziato come cristiano e diffusore della nuova fede, egli non negò e chiese al cielo un prodigio capace di far presa sul popolo, che egli voleva trarre alla verità del Cristianesimo. Infatti, con un soffio della sua bocca, le statue degli idoli volarono come foglie morte, e le colonne del tempio furono mulinate come fili di paglia.
Martoriato con i chiodi, trascinato da un indomito cavallo, alla fine il suo cadavere trasfigurato venne gettato in un fiume, dal quale lo trasse un misterioso personaggio, rivestito da una magnifica dalmatica. Fu così che le reliquie del Martire giunsero fino al luogo dove doveva trovarsi il punto fisso e obbligato di tutta la leggendaria Passione, cioè l'antico e anticamente famoso monastero di Sant'Oreste, in Cappadocia.
(Fonte: Archivio Parrocchia)
Giaculatoria - Sant'Oreste di Tiana, pregate per noi.

*Sant'Osnat - Vergine Irlandese (10 novembre)

Commemorata al 10 novembre nei Martirologi di Gorman e del Donegal, viene identificata dai genealogisti del XII sec. come la figlia di Rónàn mac Ninneda e come appartenente ai Cenél nEógain, un antico popolo il cui territorio coincideva con le attuali contee di Tyrone, Derry e la parte orientale del Donegal.
Non si sa nulla di lei tranne il fatto che il padre e le sue tre sorelle, Adlann, Fainche e Laaiir, sono men­zionati nelle genealogie agiografiche; secondo tali genealogie Osnat sarebbe fiorita nell'VIII sec.
(Autore: Fergal Grannell - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Osnat, pregate per noi.

*San Probo di Ravenna - Vescovo (10 novembre)

Sec. IV
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Ravenna, san Probo, vescovo, in onore del quale il vescovo san Massimiano dedicò la celebre Basilica di Classe.
Probo: un bell'aggettivo, usato, almeno una volta, anche come nome, nella maniera in cui ancor oggi sono usati i nomi di Modesto, di Pio, di Clemente, di Benigno e di Benedetto. Probo significa onesto, integerrimo, dabbene.
Anche oggi, per ogni professione, ci sono i cosiddetti probi viri, cioè gli uomini onesti, che giudicano della correttezza dei colleghi nella vita professionale.
La letteratura registra un famoso grammatico, Marco Valerio Probo. La politica, un Imperatore romano, Marco Aurelio Probo, sotto il quale i cristiani, almeno ufficialmente, non furono perseguitati. E i cristiani dovevano aver caro quel nome che prometteva la correttezza e l'onestà, anche nelle donne, che assumevano il nome di Proba.
Così, il calendario cristiano registra una Santa Proba Vergine e Martire, il 28 aprile; un'altra Santa Proba, anch'essa Vergine e Martire, il 30 aprile. Tra i Santi Probi è venerato un Vescovo di Verona, del IV secolo, il 12 gennaio; un Vescovo di Rieti citato nei Dialoghi da San Gregorio Magno, il 15 marzo.
Il 5 aprile sono ricordati due sposi cristiani esemplari anche nel nome, Probo e Grazia. Infine, oggi è festa di San Probo Vescovo di Ravenna, o meglio di Classe, poiché a Classe, porto militare di Ravenna, giunsero i primi cristiani, che vi ebbero il primo cimitero nel quale fu sepolto Sant'Apollinare, inviato da San Pietro, secondo la tradizione, ad evangelizzare il litorale adriatico.
Sulla tomba del primo Vescovo ravennate sorse poi la basilica di Sant'Apollinare in Classe, splendida di mosaici che ancora destano stupita ammirazione.
E nei mosaici spiccano le immagini degli immediati successori di Sant'Apollinare: Ecclesio, Severo, Orso e Ursicino.
Se la serie fosse stata protratta, dopo gli Orsi sarebbero venuti gli Agnelli. Ed è proprio il Vescovo Agnello, dei IX secolo, che parlando della tradizione apostolica ravennate, cita due Vescovi di nome Probo. Il primo sarebbe stato il settimo della serie; il secondo il quattordicesimo.
" La santa anima di Probo - dice il Vescovo Agnello - lasciò il corpo il 10 novembre ".
E dietro alla indicazione del Vescovo Agnello, che la critica storica non può né negare né confermare, è ricordato ancora, oggi, quel Vescovo, probo di nome e di vita, e quindi Santo, perché probità e santità si confondono nelle figure dei pastori che sono stati esempio di correttezza e di virtù a tutto il gregge affidato alle loro cure.
(Fonte: Archivio Parrocchia)
Giaculatoria - San Probo di Ravenna, pregate per noi.

*San Tiberio - Martire (10 novembre)

Etimologia: Tiberio = sacro al Tevere, nato presso il Tevere, dal latino
Emblema: Palma
Il più antico culto per il santo martire Tiberio, risulta dalla presenza di un’antica abbazia a lui dedicata, già esistente nell’817, i cui resti insieme a quelli di un ponte romano, sono conservati nel borgo di Saint-Thibéry nel Dipartimento dell’Hérault in Francia, che sorse sulla colonia romana di Cessero.
In quell’epoca le reliquie del santo si trovavano nella chiesa abbaziale e il suo culto non aveva compagni. Nel periodo 830-837, l’agiografo Floro di Lione nel suo ‘Martirologio’ lo celebra al 10 novembre, accomunandogli nel martirio altri due compagni Modesto e Fiorenza; essi sarebbero stati martirizzati dopo vari tormenti nel territorio di Agde, dove nei suoi pressi sorse la succitata abbazia di Saint-Thibéry, al tempo dell’imperatore Diocleziano (243-313), i successivi ‘Martirologi’ hanno riportato alla lettera questa celebrazione.
Il culto per il martire fu molto diffuso in varie città francesi da Frejus a Marsiglia ad Arles, Narbonne, Bordeaux; dopo il 1626 l’abbazia di Marchtal nel Würtemberg in Germania, asseriva di avere la reliquia del capo di Tiberio, per cui nella regione il culto del santo prese una grande notorietà.
Nonostante queste antiche citazioni, dei tre martiri si riconosce solo l’esistenza di San Tiberio, degli altri due Modesto e Fiorenza, non si sa proprio niente, ma anche di lui e della sua vita, non si sa niente di certo, se fosse un santo locale o come avveniva spesso, importato da altre zone.
La sua celebrazione è al 10 novembre; nel 1896 ad opera di G. Knauff, uscì stampata una elegia in lingua tedesca, ove erano raccontati 30 miracoli avvenuti a Marchtal per intercessione del santo martire.
Il nome proviene dal latino ‘Tiberius’ a sua volta tratto da ‘Tiberis’ (Tevere), usato un po’ in tutta Italia, per la presenza anche di un martire dello stesso nome presso Pinerolo. Fu portato dall’imperatore Tiberio che risiedeva in gran parte a Capri in una sontuosa villa a strapiombo sul mare; ancora oggi la località caprese porta il suo nome.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Tiberio, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (10 novembre)

*Colomba
*Giovanni di Mecklenburg
*Giovanni Francesco Régis e Giuseppina Nicoli
*
Melania la Giovane
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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